venerdì 21 maggio 2010

Via il bavaglio dall'informazione

Il tema principale di cui si occupa questo blog è la libertà di stampa e di informazione, tema verso il quale sono molto sensibile e cerco di coprire il ruolo di strenuo difensore. Il problema italiano è, come ho già denunciato in altri e numerosi interventi, una evidente difficoltà nell'esprimersi liberamente e senza pressioni, una evidente carenza di informazione veritiera e non distorta, una evidente assenza di informazione sui lati più oscuri e putridi di politica, finanza, imprenditoria, pubblica amministrazione e tanti altri campi, questo perchè quelli che io chiamo i media tradizionali (televisioni, giornali e radio) sono controllati e ostacolati da gruppi di potere e affari che impediscono una informazione scomoda, che potrebbe danneggiarli.
Chiari esempi di questa difficoltà ad esprimersi in Italia sono i casi di Santoro, continuamente pressato e controllato durante la preparazione delle puntate di Annozero, e quasi costretto ad andarsene, e il caso di Maria Luisa Busi, conduttrice del tg1, che ha rinunciato a condurre il tg accusando di "non riconoscersi più nella testata", rea di non aver adeguatamente informato in eventi significativi come lo scandalo escort o la ricostruzione in Abruzzo, e invitando l'intera redazione "a una riflessione". In rai, inoltre, è anche forte la protesta di RaiNews24 le cui trasmissioni si sono spesse volte accidentalmente interrotte.

Come se non bastasse il sistema di informazione italiano viene colpito duramente anche da leggi che ne limitano ulteriormente la libertà come il ddl contro le intercettazioni che è in discussione i parlamento. Ciò di cui mi occuperò è la descrizione e l'analisi di questo ingiusto disegno di legge promosso dal governo e avversato da tutte le principali testate giornalistiche italiane, dal network di informazione SKYTG24, dalla Freedom House (l'istituto di ricerca americano che studia la libertà di stampa nel mondo) e persino dal governo di Barack Obama.

Il Disegno di legge in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali, è pensato non solo per mettere il bavaglio alla libertà di cronaca giudiziaria, ma anche e soprattutto per limitare le indagini dei pm fermando il ricorso alle intercettazioni telefoniche per combattere il crimine. Al giorno d'oggi le intercettezioni telefoniche sono il principale strumento per scoprire i colpevoli e rinviarli a giudizio. Sono utilizzate in quasi tutti i processi balzati agli onori delle cronache. Dalla tempesta di calciopoli, alla clinica degli orrori di S.Rita, fino alle più recenti disavventure della "cricca" degli appalti. Senza le intercettazioni telefoniche non avremmo potuto scroprire questi reati. E' vero che per alcuni reati, quelli più gravi, le intercettazioni sono ancora previste, ma è anche vero che molti di questi reati vengono scoperti partendo da reati minori.

Attualmente il pm che vuole disporre le intercettazioni telefoniche deve fare richiesta al giudice per le indagini preliminari con decreto motivato quando incorrono gravi indizi di reato. La durata delle intercettazioni non può superare un massimo di 15 giorni, ma il giudice può prorogare per periodi successivi di 15 giorni talora vi siano ancora gravi indizi di colpevolezza (art. 267 cod.proc.pen.).
La proposta di legge inizialmente pensata dalla maggioranza e ora la vaglio della Camera, invece, sostituisce gravi indizi di reato con evidenti indizi di colpevolezza il che è molto diverso. Infatti in aggiunta al reato, vi devono essere degli indizi chiari che facciano pensare che l'intercettato sia ormai colpevole. Il che renderebbe addirittura inutili le intercettazioni. In aggiunta, la durata delle intercettazioni può ancora essere prorogata dal giudice per 15 giorni ma questo fino a raggiungere un massimo di due mesi, dopo di che non si può più intercettare. Inoltre, l'intercettazione può avvenire solo sul numero di utenza dell'indagato, e non si può intercettare sul numero di un'altra persona scoperta magari in combutta col presunto colpevole del delitto.

Per quanto riguarda la pubblicazione delle intercettazioni, il ddl prevede che sia vietata la pubblicazione dei testi e dell'audio delle conversazioni intercettate, anche in riassunti, fino alla conclusione delle indagini preliminari che, in un Paese come il nostro, possono durare anni ed anni. E, visto che i maggiori intercettati sono politici, e basano la loro carriera sul consenso e sui voti che il popolo dà loro, credo che sia indispensabile informare la gente su cosa eventualmente possano essere incriminati. Per chi viola questa legge inizialmente si era pensato addirittura il carcere, oltre a multe salatissime per gli editori. Il disegno di legge, tra i mille commi del suo unico articolo, prevede anche una stretta verso i blog e altre testate informatiche che sono tenute a rettificare notizie ritenute non vere in 48 ore, pena salatissime multe.

Dal momento, quindi, che i politici sono i maggiori bersagli delle intercettazioni, e i politici sono anche coloro che fanno le leggi, è concepibile che essi stessi pensino di fare una legge che impedisce le intercettazioni. Nascondono il loro vero intento, quello dell'impunità, sotto la minaccia per la nostra privacy. D'altronde la bilancia è fatta da due piatti: privacy e sicurezza, quindi se si vuole maggiore privacy, si avrà meno sicurezza e viceversa. In questo caso io preferirei la sicurezza. Ma non è questo il punto. Non possiamo far valere questa equazione per i delinquenti. E cioè se un indagato deve avere meno privacy degli altri che ben venga, il problema della sua riservatezza è l'ultimo di cui preoccuparsi. Ha paura delle intercettazioni solo chi ha da nascondere qualcosa. E sembra che chi sostiene questa legge, abbia molto da nascondere... e noi non abbiamo ancora scoperto niente.