mercoledì 23 dicembre 2009

A Natale puoi...

Miracoli natalizi. Durante il periodo festivo tutto è possibile. Anche i deliri della politica. Anzi, quelli si intensificano perchè già presenti in tutto il corso dell'anno. Ma c'è un motivo: a Natale siamo tutti più buoni. Ed ecco arrivare il dialogo. Ed ecco la riappacificazione. Sarò stato profetico? Avevo annunciato questo pericolo proprio nell'intervento precedente. Quindi ecco vecchie salme della politica che resuscitano in nome di un accordo bipartisan sulle riforme, in nome di un dialogo che spazzi via il clima di odio che si è creato nel Paese. L'occasione è buona: l'aggressione a Berlusconi ha sdegnato l'opinione pubblica e ha fatto emergere il tema dell'odio, sul quale non può essere costruita la politica italiana. E poi il Natale è alle porte, e l'odio non ci sta tanto bene. Godiamoci l'effetto sedativo del Natale.

Chissà se dopo le abbuffate natalizie, dopo aver scartato i regali sotto l'albero, dopo aver brindato al nuovo anno, questo insostenibile clima di tensione non si sia stemperato e finalmente la politica torni ad occuparsi di ciò di cui si è sempre occupata: i proprio affari. Questo è quello che si augurano i soliti politici, le vecchie salme, i portatori sani di buonismo, i Re Magi del dialogo. Con tutte queste manifestazioni di piazza, con tutti questi giornali e blog e social network che dicono tante cose inopportune la gente si sta rendendo davvero pericolosa, troppo esigente, si eleva a ranghi inconsueti, e ciò non fa bene alla solita politica. Alla solita classe politica. Si spera nel Natale...

A Natale è possibile più di tutto questo, a Natale si va oltre l'immaginazione. A Natale ci sono i saldi. La svendita dello Stato è già cominciata prima con la riforma delle Università e poi con la privatizzazione dell'acqua. Ora si continua con la privatizzazione delle forze armate. Chissà se dopo non toccherà alla Giustizia o alla Sanità. Con una sorta di riforma Obama al contrario. Gli americani potrebbero presto ridere di noi. Già è davvero spiritoso che un governo di destra vendi il simbolo della potenza di una nazione a società private. Ma quando vieni a sapere che non è uno scherzo smetti di ridere. Già perchè anche le vecchie ideologie (già dannose di loro) sono state sacrificate a vantaggio dei consueti interessi particolari tanto cari ai nostri politici. Perchè è chiaro che una forza armata gestita da una spa non potrà più essere impiegata esclusivamente a salvaguardia delle esigenze nazionali. Perchè è davvero costosa. Costosissima. Solo se è proficuo. Solo se rende si potrà impiegare. Ecco al voi il business della guerra. Un business controllato dal Ministro della Difesa e dai suoi nominati (consiglieri d'amministrazione e dirigenti). Il tutto grazie ai soldi dei contribuenti. Niente più Parlamento (sulla cui funzionalità d'altro canto, si possono persino sollevare obiezioni). E pensate anche che nel decreto (ancora in fase di scrittura) è prevista anche la gestione di "sponsorizzazioni". Chissà cosa proveremo quando magari vedremo il nuovo caccia con la M del Mc'Donalds.

E non è finita qui, a Natale. Vorrei parlare ora di un'altro tema che non riguarda più la politica ma che per me è stato comunque motivo di indignazione. D'altronde si tratta di religione. E mi riferisco al decreto di beatificazione firmato da Benedetto XVI di papa Wojtyla e di papa Pio XII. Sono logiche interne di una organizzazione religiosa, che quindi non dovrebbero avere ripercussioni sui non aderenti, ma nemmeno sugli stessi fedeli poichè si tratta di mere certificazioni formali. Eppure questo decreto ha suscitato proteste e scalpore per via della beatificazione di Pio XII, un papa sul quale pende una oscura nube di connivenza con i regimi nazisti e gli insopportabili silenzi mantenuti nei confronti della Shoah. La comunità ebraica ha tutte le ragioni per esprimersi contraria, dal momento che si tratterebbe di un grave attacco alla memoria della strage, oltraggiata e non poco dai sempre più numerosi negazionisti. E allora a che serve indignarsi per il furto della scritta sul campo di sterminio di Auschwitz se sei un cattolico e permetti che le tue istituzioni religiose possano fare tutto ciò? A Natale è possibile anche questo.
Forse sono stato troppo duro sui temi trattati oggi e un po' lo ammetto, mi sarò lasciato trasportare dall'emotività, allontandomi da un profilo riflessivo e distaccato che ho sempre cercato di mantenere in tutti gli interventi. Ma che ci volete fare, è Natale...

martedì 15 dicembre 2009

O dio

Negli ultimi tempi stavamo già avvertendo la sensazione di un certo clima di tensione sociale molto intenso, trascinato (o provocato?) dal livore del dibattito politico. Le posizioni contrastanti si sono fatte sempre più distanti, gli atteggiamenti sempre più duri e i toni sempre più aspri. In poche parole si è creato odio. Ma è normale che questa componente debba rientrare nel confronto politico con le gravi implicazioni alle quali essa può portare e che alla fine ha portato? La risposta in fondo è no. Un sentimento come l'odio deve essere estraneo a certi ambiti. Ma è necessario che qualunque tipo di sentimento rimanga al di fuori della politica. La politica, è e deve rimanere una questione meramente tecnica: si esprime il consenso a favore di un progetto politico, ma non si può pretendere di amare o di adulare il portatore di tale progetto e nè di converso odiarlo e attaccarlo. Si può invece sostenere e criticare, contribuendo così all'arricchimento del dibattito e al raggiungimento così di soluzioni il più condivise possibili.

Chi pretende amore non può certo credere di non aspettarsi anche odio. E' dunque anomalo ritrovare in politica questi aspetti sentimentali, che tracciano un legame emotivo tra eletto ed elettore fino a giungere al vero e proprio fanatismo, alla vera e propria esasperazione. Un politico può godere di stima, di rispetto, di riconoscenza, ma non di amore. Conseguentemente potrà godere di disprezzo, di disistima e di critica, ma non di odio.

E il clima di forte tensione sociale è poi il risultato di chi gestisce la politica facendo leva sui sentimenti della gente. La società è così nettamente separata tra l'adulazione inspiegabilmente esaltata dei sostenitori di un personaggio politico e tra l'odio feroce ed irrazionale dei suoi detrattori. Il confronto si articola in questa maniera su posizioni preventive assunte dagli schieramenti senza adeguate riflessioni sugli argomenti. Se vogliamo essere più precisi, a queste condizioni c'è proprio l'impossibilità di avviare un vero confronto.
Si parlava di dialogo. Il dialogo è una bufala. Non esiste il dialogo nel dibattito politico. Perchè dialogo non è sinonimo di confronto. Il dialogo è uno scendere a patti. Significa accettare delle condizioni. Può rivelarsi una presa in giro. E' il confronto la vera esplicazione della politica. Presentare le diverse esigenze della società con le varie soluzioni possibili e indicare quale è la migliore da adottare. Il dialogo invece è il connubio tra gli affari dei politici.

I politici remano tutti nella stessa direzione e sono tutti padri di questo clima di tensione. Ma la deriva della politica italiana è anche rappresentata dalla volgarizzazione dei termini usati, e dagli insulti facili, così da avvicinare la politica agli ambienti più bassi e rudi trasformando il suddetto confronto in un tema affrontabile senza valide conoscenze e senza fermi argomenti e convinzioni, basta assicurarsi un discreto bagaglio di offese e rozzi improperi.
Di conseguenza chi possiede dei forti convincimenti, di idee e principi per i quali è disposto a scendere in piazza a protestare e a farsi sentire, viene malauguratamente identificato come l'espressione di odio e, nella peggiore delle ipotesi, incriminato di gesti aggressivi e violenti.

mercoledì 9 dicembre 2009

Io ho un'arma

Negli ultimi anni, ma soprattutto negli ultimi tempi, si sta verificando l'avanzata di una popolo armato, più deciso e combattivo che mai. Un popolo che intende scrollarsi di dosso le macerie della politica italiana e rivendica il suo ruolo di soggetto e non di oggetto delle decisioni pubbliche. Ignorato e talvolta stigmatizzato dai media tradizionali, ha trovato nella Rete la sua arma principale. L'arma che potrà renderlo invincibile. L'arma che potrà permettergli di amplificare il diritto di opinione, ciò che più teme la casta politica.

Grazie ai blog, ai social network, a piattaforme come youtube, tutti i cittadini sono e saranno sempre più in grado di esprimersi riguardo a particolari notizie in maniera larga e diffusa. Il cittadino diventerà così parte attiva ed operativa della società e del dibattito politico. Potrà non solo ricevere, ma anche dare. Potrà non solo subire l'informazione contraffatta dei media tradizionali, ma anche rispedirla al mittente. La comunicazione non sarà più intesa in modo unilaterale. La Rete è divenuta ormai l'ultima frontiera dell'informazione.
In principio fu la radio. Poi la televisione divenne la sua evoluzione, aggiungendo al sonoro anche il potente effetto delle immagini. Ora tocca ad Internet. Oltre a ricevere i contenuti multimediali, possiamo anche darli. Oltre a conoscere le notizie possiamo anche commentarle. Oltre a credere alle notizie possiamo anche smentirle. E così si crea una corretta informazione. La quale è alla base di una corretta conoscenza.

Il "Popolo viola" è un esempio lampante di gente armata di opinioni che lotta per sottrare la politica ad una casta precostituita e sorda agli interessi della gente, e che lotta per una corretta e seria informazione che tenga al corrente tutti i cittadini degli oscuri meccanismi di questa politica, e che li stimoli ad un sano e genuino interesse nel dibattito politico.
Il "Popolo viola" è il prodotto di una giusta informazione e di una coscienza critica.

La Rete è in grado non solo di fornire corretta informazione, ma anche di generare dibattiti intellettuali e culturali e di risvegliare il carattere creativo e propositivo del cittadino, assopito dopo anni di dominio televisivo. Ma è anche in grado di formare la coscienza critica, intesa come caratteristica fondamentale di un libero cittadino. Basta con la politica "di mestiere", distinta e separata dalle esigenze della società e fine solo agli interessi dei "soliti". Dei soliti politici da anni e dei soliti partiti che cambiano la sigla ma non la sostanza. Basta anche con il governo dei partiti, i quali si ergono a portatori di volontà popolari, ma al loro interno si trattano e si concludono gli affari dei potenti di turno. La società civile deve riuscire a riappropiarsi della politica.
E' bene non fare della politica un interesse di pochi.