mercoledì 22 dicembre 2010

Questa esigenza di futuro











In questi ultimi tempi la parola "futuro" è entrata prepotentemente negli argomenti di discussione dei politici, dei giornalisti, dei media, delle associazioni, dei cittadini e insomma dell'intera società, e lo dimostra anche il proliferare di sigle di partiti, fondazioni e altro, che si fregiano del termine "futuro" (basti pensare al nuovo gruppo parlamentare di Fini "Futuro e Libertà", alla fondazione "Farefuturo", o all'associazione di Montezemolo "Italiafutura") . La parola in questo caso rispecchia un bisogno profondo insito nella società prima inavvertito. Avere un futuro, ai nostri tempi, è considerato qualcosa di scontato, è una aspettativa per la quale non bisogna lottare, che non costa gravi sforzi, avere un futuro è un diritto della nostra società. Prima di avvertire questa esigenza il futuro non era preoccupazione, il futuro offriva mille possibilità, il futuro prometteva serenità. Infatti futuro è inteso come stabilità, sicurezza, tranquillità: il futuro rappresenta in fondo il raggiungimento della felicità personale.

Ma siamo giunti ad un certo punto in cui il futuro ci sembra in pericolo, il futuro è incerto, non è più sinonimo di stabilità e tranquillità: ad una intera generazione manca il futuro. Si tratta dei giovani, studenti e non, dei ricercatori, dei trentenni lavoratori precari, dei cassaintegrati, dei licenziati. Si tratta di una fascia di popolazione molto ampia che va dagli 0 ai 50 anni. Insomma chi non è arrivato alla pensione non può porre estrema fiducia nel futuro.
Questa necessità di futuro è ben simboleggiata nelle proteste dalla volontà di "puntare in alto": dalla scalata dei monumenti più importanti d'Italia da parte degli studenti, all'arrampicata sulle gru e sui tetti delle fabbriche da parte dei lavoratori. Come se quei posti rappresentassero punti di partenza, rampe di lancio, per "spiccare il volo" verso l'orizzonte.

La causa principale di questa preoccupazione per il futuro è la mancanza di lavoro. Sono recentissimi i dati che danno una disoccupazione in crescita e che soprattutto indicano come un giovane su quattro non abbia un posto di lavoro. Se da un lato la disoccupazione può essere figlia della recessione mondale e quindi frutto della congiuntura del sistema economico, la "precarizzazione" del lavoro è invece il risultato di un disegno preciso del mercato del lavoro in nome della flessibilità. Il ricorso sfrenato alla flessibilità del lavoro produce quindi instabilità del posto e insicurezza nel futuro.

Nemmeno il criterio del merito permette alla generazione senza futuro di sperare, basti pensare ai tanti cervelli in fuga all'estero, verso mete dove possono trovare facilmente occupazione e congrui compensi, e alle eccellenze della ricerca italiana, che devono proseguire i loro studi in altri Paesi che scommettono su di loro. Senza parlare della mala-abitudine italiana di piazzare parenti e conoscenti in posti di lavoro senza che questi abbiano particolari competenze. E non sto parlando della classica "raccomandazione", che in molti casi pressuppone persino un minimo di merito e competenza.

Le cause quindi di questo malessere e di questa insofferenza di un'intera generazione, è di natura politica: nel disinteresse della nostra classe politica alle esigenze di tutti i cittadini, da loro rappresentati. Si è verificata una divaricazione tra Palazzo e Piazza, e questo è dimostrato anche dalla mancanza di confronto con il popolo di studenti in protesta, confronto avvenuto solo negli ultimi giorni con il Presidente della Repubblica, organo che non ha poteri esecutivi, ma solo di garanzia.
Ecco che, alla fine, l'ostinazione e la sordità della classe politica genera malcontento, proteste, scontri e purtroppo anche violenza.

martedì 9 novembre 2010

Io rubo, tu Ruby

Perchè la faccenda delle escort che gravitano intorno ad Arcore è uno scandalo politico? Perchè dovremmo interessarcene così tanto? Perchè dovremmo indignarci?
Tutti i media ne parlano, ma non spiegano perchè si tratta di uno scandalo, facendo una gran confusione tra informazioni utili e informazioni non utili a noi cittadini. Infatti gli aspetti più importanti dell'affaire Ruby sono gli unici di cui i media preferiscono non occuparsi, un po' perchè vanno a sfavore del potere dominante e un po' perchè sono argomenti noiosi, che non fanno ascolti o che non fanno vendere copie.

A noi non devono interessare le abituidini o le faccende private di una persona: queste non solo attengono alla privacy di un individuo, che è un diritto imprenscindibile, ma anche distraggono dai più validi e seri ambiti di riflessione, sui quali si dovrebbe concentrare l'opinione pubblica. Ciò avvenne già per la vicenda Marrazzo, e ora sta avvenendo per il "Rubygate", e tra qualche tempo chissà per quale altro nuovo scandalo.
I motivi per i quali si deve considerare lo scandalo come politico ricadono sostanzialmente sotto il piano della legalità, dell'etica politica e della coerenza con i principi che si rappresentano.

Il primo motivo può essere quello più evidente e più clamoroso. Infatti essere indagati per aver infranto la legge, e soprattutto andare sotto processo è qualcosa che immediatamente suscita delle reazioni di condanna. Tuttavia queste reazioni dovrebbero non essere condizionate troppo dalla spinta emotiva e dalle facili prese di posizione. E' opportuno che, infatti, si aspetti che la giustizia faccia il suo corso prima di esprimere dissennati proclami.
Nel caso Ruby ci sono ipotesi di violazione della legge: la prima è quella di favoreggiamento alla prostituzione, per il quale sono stati indagati Emilio Fede e Lele Mora, e la seconda riguarderebbe direttamente il Presidente del Consiglio e si tratta di abuso di potere, e cioè il rispetto di tutte le regolari procedure nell'affidamento dell'allora minorenne in questione. E' questo ultimo aspetto in particolare che viene sempre accantonato, per parlare invece del bunga-bunga, argomento insignificante ma di un fascino irresistibile.

Il secondo motivo, quello da me definito etico-politico, va a scavare più a fondo cercando di mettere in luce i retroscena non solo della vicenda, ma di un certo sistema. Già dal caso D'Addario siamo venuti a conoscenza che una escort era stata candidata alle elezioni regionali, e un numero molto generoso di soubrette, show girl e altre avvenenti donne dello spettacolo che avevano frequentato Arcore, erano state candidate ad elezioni amministrative ed europee, per non parlare dell'ex modella ed ora ministro Carfagna, e dell'igienista dentale di Berlusconi, Nicole Minetti. Tutto ciò solleva la questione del metro di giudizio col quale si scelgono le candidature, se c'è un vero merito che determina la nostra classe politica. Ma non solo, questi party e festini possono nascondere chissà quante trame di favoritismi e "aiutini" con il quale si tessono interessi esclusivamente personali a danno della collettività. Inoltre c'è il pericolo di una possibile corrutibilità del Presidente del Consiglio che può essere condizionato da chiunque gli giri intorno e lo conosca tanto bene. A questo si ricollega un interrogativo: come mai una minorenne accusata di furtarelli aveva nel telefono il numero privato di Silvio Berlusconi?

Infine c'è un ultimo aspetto che non è affatto da sottovalutare, e questo riguarda la coerenza di quello che si fa nel privato con quello che si esprime in pubblico. Difendere la morale cattolica e il primato della famiglia con le parole deve corrispondere a comportamenti in difesa della morale cattolica e del primato della famiglia. La coerenza è garanzia di fiducia, e più è notevole la coerenza in un uomo, più si può essere certi che quell'uomo da noi eletto non ci tradirà, perchè le idee per cui lo avevamo scelto sono le nostre idee e solo con la coerenza esse potranno essere difese.

domenica 10 ottobre 2010

Il ritorno della politica

Ciò che l'Italia sta ancora aspettando è il ritorno della politica intesa come esigenza del confronto teso al raggiungimento di interessi comuni, per il bene di tutti, esigenza che si manifesta grazie alla libertà di espressione delle proprie idee, delle proprie opinioni, grazie alla necessità di una libertà di critica. Solo in questo modo la politica può giungere a delle soluzioni quanto più favorevoli e giuste per l'intera società. E' questa la politica che inizialmente pensavano i filosofi classici, la politica come inizialmente nacque, come la vedeva Aristotele: uno spazio pubblico dei e per i cittadini. Nonostante ora tutte le persone nascano come cittadini mentre invece così non era ai tempi di Aristotele, la politica d'oggi sembra ignorare le istanze e i bisogni dei cittadini per alimentare e sostenere se stessa. Ecco che i politici divengono una casta. Ed ecco che praticare politica viene visto come un modo per vivere al di fuori delle regole, come esercizio di un potere senza alcun controllo da orientare verso interessi ed affari personali, e verso il mantenimento e il rafforzamento della carica.

La cittadinanza, definita anche popolo quasi a indicare l'appartenenza ad un grado inferiore rispetto alla politica, per non far sì che proceda ad una destabilizzazione del potere dominante viene illusa con la propaganda, con la demagogia, con le promesse e con il controllo dei mezzi di informazione. In questo modo si formano sia gli Stati autoritari che le democrazie blande, quelle dove in Parlamento si cerca di contenere al massimo il dissenso, e ci si rimette nelle mani di un unico leader. Finora, la forma della democrazia blanda, la democrazia dormiente, è quella che si sta manifestando in Italia; ma non solo: questo è tipico di molti Paesi nel mondo, anche europei. Ma sembra che almeno qui da noi ci sia una inversione di tendenza. E mi riferisco all'azione del nuovo gruppo di Fini, Futuro e libertà, che fuoriuscito, o "cacciato" dal Pdl ha deciso di condividere con la maggioranza solo i proveddimenti che riterrà giusti, ovvero quelli che non danneggino la collettività a vantaggio solo di alcuni.

Questa volontà di dissentire dal potere dominante, la quale dovrebbe essere considerata come un fattore naturale di ogni democrazia, è stata accolta con grande clamore e scompiglio sia nella politica che nell'opinione pubblica, fino quasi al punto di "criminalizzare" i dissenzienti. D'altro canto l'opera di "compravendita" dei parlamentari avvenuta in questi giorni per riuscire ad ottenere una maggioranza parlamentare, rappresenta ancora una volta il servilismo e il perseguimento degli interessi personali di parte della politica, della maggior parte.

Ma come ritornare al vero significato della politica? Qual è l'antidoto? La soluzione è semplice ma di difficile attuazione. Essenzialmente è l'abolizione dei privilegi dei politici. La drastica riduzione dei poteri e del denaro che percepiscono i politici. E la scadenza definitiva del mandato. I soldi e la possibilità di conservare la posizione a vita sono gli elementi fondamentali di una politica malata, di una politica dannosa anzichè benefica. La politica deve ritornare in mano ai cittadini così come avveniva nella polis, da cui il nome politica.

lunedì 6 settembre 2010

Schiavi dei sogni

Una delle caratteristiche della nostra società è quella che tutto sembra a portata di mano, tutto sembra essere di facile realizzazione senza troppi sforzi, e la strada della felicità è un rettilineo pianeggiante. Questa impressione ce la offrono essenzialmente i media e soprattutto la televisione. E' con l'avvento di questi mezzi che la società è cambiata regalando a tutti sogni e illusioni di una vita come la desideriamo. Peccato se poi questi sogni rimangono tali.

La speranza di un miglioramento e la volontà di cambiamento sono motori di importanti stravolgimenti, muovono le coscienze della gente, ispirano le masse e i popoli vessati e sottomessi, ma i sogni no. I sogni sono solo anestetici. Non sono fatti nè di speranza nè di volontà. Dal momento che la società moderna sforna sogni, sognare e facile e non costa nulla. Basta una televisione che manda in onda la pubblicità. Questi sogni regalati appannano la vista e indeboliscono gli animi. Ci rendono disinteressati a tutto ciò che ci circonda. L'importante è "stare bene". O meglio fingere di stare bene. Perchè vedere in tv il ricco divo di hollywood con una bella modella che entra nella sua auto di lusso, ci rende vicini questo stile di vita che un giorno speriamo possa essere il nostro. Ed ecco che cominciamo a fantasticare su quali e quante auto vorremmo avere e quali e quante modelle vorremmo ci tenessero compagnia.
Ma non solo le immagini. I concorsi a premi da milioni di euro e le tante lotterie promosse dallo Stato sono anch'essi pericolosi sogni. Oltretutto perchè premiano i fortunati e non meritevoli.
Il concetto di merito è ormai dato per disperso nella società dei sogni perchè tutti siamo meritevoli di sognare: se lavori, se ti sforzi, se ti specializzi per te non c'è nessun premio: c'è un sogno, come per tutti gli altri.

A questo punto mi si potrà dire: e il sogno americano? l'American dream? Anche quello è solo una illusione? un anestetico?
Certamente la società americana si differenzia dalla nostra per alcuni tratti. Lì è molto più funzionante la mobilità sociale, che permette anche ai non abbienti di potersi affermare nella società. Questo perchè gli Stati Uniti sono nati con questo tipo di valore. E' loro caratteristica propria. Ma non avrebbe alcun senso, quindi, chiamarlo sogno americano. Una caratteristica del genere dovrebbe essere una normale caratteristica di ogni tipo di società. Passare da condizioni misere a condizioni quantomeno dignitose, dovrebbe essere la garanzia di ogni società. Il sogno americano è solo un sogno parziale, per tutto il mondo, e per gli americani stessi. La possibilità di compiere l'ascesa sociale è reale, ma la svendita e lo sbandieramento di questo sogno, anche in questo caso può assopire le coscienze di chi placidamente si accontenta solo di questo.

I sogni sono un'arma pericolosa perchè ci rendono schiavi della nostra condizione. Sono la miglior soluzione per il mantenimento dello status quo. Sognare non fa male quando significa avere delle convinzioni per le quali davvero lottiamo e che ci spingono ad andare avanti. Sognare fa quindi bene se il pensiero è accompagnato dall'azione, nella consapevolezza che il sogno vuol dire anche sacrificio, mentre nel mercato dei sogni del nostro tempo tutto è così comodo, tutto è così facile, tutto è a portata di mano...

sabato 12 giugno 2010

Il nodo Israele

Questa è una storia di odio. Una storia di violenza, di crudeltà, di cieche pulsioni viscerali. Una storia di conflitti e ostilità antica quanto il tempo. Una storia che non trova mai fine. Una storia difficile da raccontare e di cui portroppo molte volte ci si accontenta di sapere poco e male. E' la storia di una terra e due popoli. Ed è proprio questa asimmetria a rendere questa storia straziante. E' la storia di Israele e Palestina.
Il primo è il nome del «popolo eletto» secondo le Sacre Scritture, discendente da una stirpe antica migliaia di anni. Il secondo è il nome della regione storica dove questo ed altri popoli vi hanno vissuto, una terra da sempre contesa.

Credenze religiose fin troppo radicate, sentimenti nazionalistici trascinanti e odio atavico sono le cause dell'infervorare del conflitto arabo-israeliano, che dopo vane speranze di risoluzione accarezzate dalla comunità internazionale, sembra ben lontano dal vedere la sua fine. L'ultimo episodio di questo conflitto è l'attacco alla nave di pacifisti proveniente dalla Turchia e diretta verso la striscia di Gaza per portare aiuti umanitari, episodio che ha causato l'insurrezione dell'opinione pubblica di tutto il mondo e ha decretato un possibile futuro di isolamento dello Stato di Israele.
Stato di Israele che, all'indomani della sua costituzione, era stato sostenuto e "coccolato" da molti Paesi protagonisti della politica mondiale quali gli Stati Uniti, molti Paesei europei tra cui l'Italia e anche dalla stessa Turchia. Il motivo di questo appoggio era il ritorno dalla diaspora, una situazione di esodo e di dispersione del popolo ebreo in tutto il mondo, una situazione protrattasi per 2000 anni, dalla colonizzazione della Palestina da parte dell'impero romano. La condizione di migranti dovuta da questa diaspora e la difficoltà di inserimento in contesti differenti dal loro, con la prerogativa essenziale di conservazione del proprio credo religioso e di tutto il complesso normativo e comportamentale che da esso ne deriva, hanno contribuito alla nascita di sentimenti di avversione nei confronti degli ebrei che sono sfociati poi nell'antisemitismo.

Proprio l'antisemitismo dilagante, la condizione di perseguitati e la terribile vicenda della shoah, hanno dato vita ad un nuovo corso della storia, successiva alla seconda guerra mondiale, volto a ricostruire la storia del popolo ebraico riassegnando finalmente a queste genti le loro terre d'origine. La Gran Bretagna, che aveva un mandato in quelle zone affidatogli dalla Società delle Nazioni, stava già cercando invano dagli anni '30 di spartire il territorio tra la popolazione araba preesistente e i coloni ebrei già in forte aumento. Israele costituì il suo Stato nel 1948 grazie anche al supporto delle Nazioni Unite. Da quel momento le pretese israeliane sui territori palestinesi si sono sempre più allargate. Nel 1967, con la guerra dei 6 giorni, Israele strappa a Giordania ed Egitto la Cisgiordania e la Striscia di Gaza che divengono territori occupati.
La coesistenza di israeliani e palestinesi è difficilissima se non impossibile, le differenze, soprattutto religiose, sono troppo marcate. Per questo nel 1993 si perviene agli accordi di Oslo, che prevedono un sgombero (non totale) dei territori occupati e ad un affidamento della loro amministrazione all'Autorità Nazionale Palestinese, che non è un vero e proprio Stato, ma una istituzione di controllo delle zone palestinesi.

Ciò che ha portato alla degenerazione del conflitto negli ultimi anni, sono i nazionalismi cresciuti sia tra gli arabi con la forza islamica di Hamas, sia tra gli israeliani, con l'affermazione della destra di Netanyahu. Ma non solo: tutta l'attenzione dimostrata dalla comunità internazionale ad Israele ha celato le prerogative dei popoli palestinesi facendo aumentare il loro astio verso i nuovi occupanti. La solidarietà internazionale, le sponde offerte ad Israele dalle potenze mondiali, hanno quindi giustificato le pretese ebraiche di onnipotenza su tutta la Palestina, incrementando una spirale di violenza culminata nell'ultimo episodio in ordine di tempo, il suddetto attacco alla flotta umanitaria Freedom flotilla, giustificato dal governo israeliano con il principio di legittima difesa.
Ebbene, Israele ormai difficilmente potrà trovare fiancheggiatori, persino gli USA sembrano volerle voltare le spalle. In queste condizioni qualcosa potrà cambiare? O Israele proseguirà il suo cammino in solitaria? Nel lungo e perdurante conflitto arabo-israeliano se non ci saranno subito svolte, non ne vedremo per molto tempo.

venerdì 21 maggio 2010

Via il bavaglio dall'informazione

Il tema principale di cui si occupa questo blog è la libertà di stampa e di informazione, tema verso il quale sono molto sensibile e cerco di coprire il ruolo di strenuo difensore. Il problema italiano è, come ho già denunciato in altri e numerosi interventi, una evidente difficoltà nell'esprimersi liberamente e senza pressioni, una evidente carenza di informazione veritiera e non distorta, una evidente assenza di informazione sui lati più oscuri e putridi di politica, finanza, imprenditoria, pubblica amministrazione e tanti altri campi, questo perchè quelli che io chiamo i media tradizionali (televisioni, giornali e radio) sono controllati e ostacolati da gruppi di potere e affari che impediscono una informazione scomoda, che potrebbe danneggiarli.
Chiari esempi di questa difficoltà ad esprimersi in Italia sono i casi di Santoro, continuamente pressato e controllato durante la preparazione delle puntate di Annozero, e quasi costretto ad andarsene, e il caso di Maria Luisa Busi, conduttrice del tg1, che ha rinunciato a condurre il tg accusando di "non riconoscersi più nella testata", rea di non aver adeguatamente informato in eventi significativi come lo scandalo escort o la ricostruzione in Abruzzo, e invitando l'intera redazione "a una riflessione". In rai, inoltre, è anche forte la protesta di RaiNews24 le cui trasmissioni si sono spesse volte accidentalmente interrotte.

Come se non bastasse il sistema di informazione italiano viene colpito duramente anche da leggi che ne limitano ulteriormente la libertà come il ddl contro le intercettazioni che è in discussione i parlamento. Ciò di cui mi occuperò è la descrizione e l'analisi di questo ingiusto disegno di legge promosso dal governo e avversato da tutte le principali testate giornalistiche italiane, dal network di informazione SKYTG24, dalla Freedom House (l'istituto di ricerca americano che studia la libertà di stampa nel mondo) e persino dal governo di Barack Obama.

Il Disegno di legge in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali, è pensato non solo per mettere il bavaglio alla libertà di cronaca giudiziaria, ma anche e soprattutto per limitare le indagini dei pm fermando il ricorso alle intercettazioni telefoniche per combattere il crimine. Al giorno d'oggi le intercettezioni telefoniche sono il principale strumento per scoprire i colpevoli e rinviarli a giudizio. Sono utilizzate in quasi tutti i processi balzati agli onori delle cronache. Dalla tempesta di calciopoli, alla clinica degli orrori di S.Rita, fino alle più recenti disavventure della "cricca" degli appalti. Senza le intercettazioni telefoniche non avremmo potuto scroprire questi reati. E' vero che per alcuni reati, quelli più gravi, le intercettazioni sono ancora previste, ma è anche vero che molti di questi reati vengono scoperti partendo da reati minori.

Attualmente il pm che vuole disporre le intercettazioni telefoniche deve fare richiesta al giudice per le indagini preliminari con decreto motivato quando incorrono gravi indizi di reato. La durata delle intercettazioni non può superare un massimo di 15 giorni, ma il giudice può prorogare per periodi successivi di 15 giorni talora vi siano ancora gravi indizi di colpevolezza (art. 267 cod.proc.pen.).
La proposta di legge inizialmente pensata dalla maggioranza e ora la vaglio della Camera, invece, sostituisce gravi indizi di reato con evidenti indizi di colpevolezza il che è molto diverso. Infatti in aggiunta al reato, vi devono essere degli indizi chiari che facciano pensare che l'intercettato sia ormai colpevole. Il che renderebbe addirittura inutili le intercettazioni. In aggiunta, la durata delle intercettazioni può ancora essere prorogata dal giudice per 15 giorni ma questo fino a raggiungere un massimo di due mesi, dopo di che non si può più intercettare. Inoltre, l'intercettazione può avvenire solo sul numero di utenza dell'indagato, e non si può intercettare sul numero di un'altra persona scoperta magari in combutta col presunto colpevole del delitto.

Per quanto riguarda la pubblicazione delle intercettazioni, il ddl prevede che sia vietata la pubblicazione dei testi e dell'audio delle conversazioni intercettate, anche in riassunti, fino alla conclusione delle indagini preliminari che, in un Paese come il nostro, possono durare anni ed anni. E, visto che i maggiori intercettati sono politici, e basano la loro carriera sul consenso e sui voti che il popolo dà loro, credo che sia indispensabile informare la gente su cosa eventualmente possano essere incriminati. Per chi viola questa legge inizialmente si era pensato addirittura il carcere, oltre a multe salatissime per gli editori. Il disegno di legge, tra i mille commi del suo unico articolo, prevede anche una stretta verso i blog e altre testate informatiche che sono tenute a rettificare notizie ritenute non vere in 48 ore, pena salatissime multe.

Dal momento, quindi, che i politici sono i maggiori bersagli delle intercettazioni, e i politici sono anche coloro che fanno le leggi, è concepibile che essi stessi pensino di fare una legge che impedisce le intercettazioni. Nascondono il loro vero intento, quello dell'impunità, sotto la minaccia per la nostra privacy. D'altronde la bilancia è fatta da due piatti: privacy e sicurezza, quindi se si vuole maggiore privacy, si avrà meno sicurezza e viceversa. In questo caso io preferirei la sicurezza. Ma non è questo il punto. Non possiamo far valere questa equazione per i delinquenti. E cioè se un indagato deve avere meno privacy degli altri che ben venga, il problema della sua riservatezza è l'ultimo di cui preoccuparsi. Ha paura delle intercettazioni solo chi ha da nascondere qualcosa. E sembra che chi sostiene questa legge, abbia molto da nascondere... e noi non abbiamo ancora scoperto niente.

domenica 18 aprile 2010

I peccati della Chiesa

La recente attenzione mediatica verso gli scandali di abusi sessuali di preti e componenti del clero non è dovuta ad episodi più eclatanti o sconcertanti di questo genere avvenuti negli ultimi tempi. No, di casi di pedofilia ce ne sono sempre stati e se ne è anche abbastanza parlato da alcuni decenni a questa parte. E' grazie alle nuove pressioni della stampa estera, inglese e americana, che si è tornati a discutere del problema, ma questa volta in maniera diversa: con la volontà di giungere a delle soluzioni pratiche, di risolvere (sembrerebbe) una volta per tutte il problema. Una volontà non manifestata dalle gerarchie ecclesiastiche, che commentando a questi episodi hanno sempre descritto il caso come isolato, dimostrando una certa impotenza della Chiesa di fronte alle malvagità dell'essere umano, ma manifestata dalla società laica che grazie alla stampa, all'indignazione della società civile, e perchè no anche della magistratura, sembra voler farsi carico del problema e annientarlo una volta per tutte, anche se a farne le spese sarà l'immagine e il prestigio dell'autorità ecclesiastica. E' il potere della Chiesa che è stato ed è ancora uno maggiori freni all'accusa e alla condanna delle malefatte del clero. Ed ecco introdotto un nuovo e importante argomento di discussione.

Ciò che lecitamente ci si potrebbe chiedere è: ma perchè i preti compiono tali atti? cosa li spinge? Sessualità repressa? Forse. Fatto sta che per liberarsi di tutte le pulsioni sessuali cui un prete non ha mai potuto e non può dare sfogo, la migliore soluzione non è quella di riversarle su bambini innocenti, cosa che oltre ad essere moralmente terribile è anche reato. Ecco perchè, secondo me, il celibato sacerdotale non è la causa del problema.
Un funzionario della Chiesa Cattolica compie molestie perchè sa che può. O meglio, sa che riesce a farlo, e senza nemmeno incorrere in spiacevoli conseguenze. E' il potere e l'autorità della Chiesa che glielo permettono, e lui si sente portatore di questo potere e autorità. Sa che la sua vittima accondiscenderà alle sue richieste e non rivelerà ciò che subisce. Anzi, potrebbe essere addirittura convinta della giustezza di ciò che gli è stato fatto. Ma non solo, il prete molestatore sa che se venisse scoperto, il Vaticano lo coprirebbe, insabbiando il caso, e riceverebbe attestati di solidarietà da tutta la comunità che guida, cirocstanza già verificatasi, e per di più in Italia. Causa principale di questi atti di molestia è quindi il potere discendente dall'autorità religiosa a cui il prete molestatore fa capo.

La Chiesa può quindi beneficiare di questo potere, e lo ha fatto finora da duemila anni, per sfuggire da tutte le accuse agli orrendi crimini da essa commessi. Solo ora, l'imponente edificio sta subendo i notevoli colpi inferti da una indignata opinione pubblica (straniera) che non sopporta che il capo della Chiesa abbia protetto in prima persona, sia da cardinale che da papa, gli imputati di abusi. E' quindi forse il coinvolgimento personale del papa che ha incrementato la protesta.
Il primo documento che prevede la protezione e l'occultamento dei casi di pedofilia ad opera del clero è la Crimen Sollicitationis, una direttiva segreta del 1962 spedita a tutti i vescovi del mondo che stabiliva le procedure da seguire secondo il diritto canonico, per i preti che si fossero macchiati di pedofilia. Prevedeva l'assoluta segretezza di tutta la vicenda: delle vittime, degli accusati e dei testimoni, pena la scomunica. 40 anni dopo, nel 2001, il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, l'organismo incaricato di vigilare sulla purezza della dottrina della Chiesa, emana il seguito ideale della Crimen Sollicitationis: la De Delictis Gravioribus, che ribadisce l'esclusività di competenza della Chiesa in queste vicende. Per questo atto, Ratzinger è stato anche imputato dalla Corte Distrettuale di Harris nel Texas di ostruzione alla giustizia, visto che erano in corso indagini su preti accusati di molestie. Gli è stata poi concessa l'immunità diplomatica come capo di stato straniero.
Ultimamente, lo scoppio dei casi dell'Irlanda, ha portato il papa a pronunciarsi con una simil-condanna verso i preti pedofili e verso soprattutto gli insabbiamenti. Ma tuttavia sottolinenando che i colpevoli risponderanno a Dio e non ad una autorità di giustizia terrena.

Ma non ci sono solo gli abusi. I peccati della Chiesa sono tanti, e sono sempre stati commessi sin dalla sua fondazione. Dalle crociate, all'Inquisizione, all'antisemitismo, la storia della Chiesa è costellata di crimini e di nefandezze e tutte per difendere gli interessi che un organismo di potere come la Chiesa può avere. Perchè il male della Chiesa, e più generalmente della Religione Cattolica non sono solo i preti pedofili, ma anche i prelati nei Consigli d'Amministrazione.

venerdì 26 marzo 2010

Amici dello Zimbawe

Tra le cose più importanti di tutta la nostra esistenza ritengo che la libertà di espressione e di informazione debba collocarsi al primo posto. E' un diritto fondamentale e inalienabile. Benchè rivesti questa inestimabile importanza, questo diritto presenta le sue debolezze. E' infatti molto fragile. Si può violare e minare molto facilmente. Il suo rispetto non è di facile garanzia. Infatti se la violazione di diritti altrettanto importanti e fondamentali come il diritto alla vita, il diritto al voto, alla libera professione del proprio culto risulta essere immediatamente evidente e condannabile, ciò non avviene con la libertà di espressione.

Il fatto che una violazione del diritto alla libertà di espressione non sia così evidente è anche dovuto al fatto che non è facile porre freno a questo tipo di libertà, e l'iniziativa Raiperunanotte ne è stata la prova. Essa si manifesterà ugualmente, e tanto più sarà soffocata, tanto più cercherà di scatenarsi. E' una delle particolarità che rende unica la libertà di espressione e diversa da tutte le altre libertà. Ma questo non deve giustificare il continuo ricorso a soluzioni miranti il controllo dell'informazione, il bavaglio della critica, l'occultamento dei fatti scomodi. Non deve giustificare cioè l'annientamento di una delle conquiste più importanti ottenute dall'uomo all'indomani della Rivoluzione francese: la formazione di una vera opinione pubblica.

Una vera opinione pubblica informata sui fatti è indice di una autentica democrazia, e una autentica democrazia non impedisce la sua gente di formarsi una opinione, e permettere di esercitare il diritto di critica. Ciò che spaventa i regnanti è proprio questo, l'avanzare della criticità, in grado di spodestare la casta dal trono. In una democrazia elettiva la critica, le proteste, il libero pensiero rappresentano le angosce dei governanti, non perchè temono di non riuscire a rispettare a dovere il compito a loro affidatogli, anzi ciò sarebbe segno di grande maturazione della democrazia di un Paese, ma perchè mettono seriamente in pericolo il mantenimento della carica che ricoprono alla quale sono morbosamente attaccati. O perchè la perdita di tale carica significhere prendere la via della galera, poichè la legge soprattutto colpisce chi non è in grado di modificarsi le leggi o chi non gode delle varie prerogative parlamentari.

Come si influisce quindi sull'opinione pubblica, oltre a imbavagliare la critica e l'informazione?
Semplice: con la propaganda. Promesse, slogan populisti, sbandieramento di numeri e cifre a sostegno del governo, monopolio d'immagine consentono non solo di influire notevolmente sull'opinione pubblica, ma anche di creare quel culto del capo e quell'adorazione della persona, quell' "amore" insomma che viene riversato in forma di odio dell'avversario, o meglio di chiunque osi criticare il potente di turno. E' il meccanismo delle dittature, ma non preoccupatevi: come ha detto Masi (il direttore generale della Rai), queste cose non avvengono nemmeno nello Zimbawe... quindi figuriamoci da noi!

giovedì 11 marzo 2010

Democrazia interpretativa

All'inizio non avevo ben capito perchè chiamare intepretativo il decreto varato dal governo qualche giorno fa per salvare le liste escluse dalle consultazioni regionali. Il termine è così affilato che induce quasi timore. E infatti si tratta dell'ennesima arma per colpire lo Stato di Diritto. Una legge cucita su misura per riammettere le liste escluse, elaborata ed approvata dagli stessi esclusi. Ma questa non è la base del problema. E' solo il culmine. Questo mostro informe che è il decreto nasconde bensì alle sue spalle una autentica casa degli orrori.

Certo il fatto che dalle elezioni siano stati inizialmente esclusi i candidati più forti delle principali regioni italiani e il partito con il consenso più ampio è un fatto grave e dannoso per la libera scelta democratica del cittadino. L'elettore non è più libero di compiere una scelta completa, a prescindere che voti o meno la lista o il candidato presidente escluso. Ma questi discorsi non possono giustificare la situazione che anche i media tradizionali (tv,radio, alcuni giornali) cercano di occultare, e che ha portato indirettamente, in seguito a opportuni vincoli burocratici, all'esclusione di talune liste. Come sempre la scomparsa dei fatti non ci permette di avere una chiara idea della vicenda, ed è così che come segugi dobbiamo rintracciare tutti gli indizi che ci possano portare ad una autentica ricostruzione dei fatti.

Nel caso della bocciatura delle lista del Pdl nel Lazio diversi sono stati i ricorsi presentati davanti a i giudici dal partito e finora sono stati tutti respinti. In pratica per i documenti che attestavano la partecipazione del Pdl alle regionali del Lazio i quali sono stati presentati in ritardo (45 minuti), i due gradi di giurisdizione ordinaria hanno espresso parere contrario ai ricorsi. Questi valutavano sull'effettivo potere degli uffici elettorali di non accogliere le liste ritardatarie o con irregolarità. Secondo i giudici ordinari dunque, essendoci una inadempienza dei termini previsti, la lista del Pdl non poteva essere ammessa. Poi è arrivata la volta dell giustizia amministrativa. Questa valuta se l'operato di un ente amministrativo (l'esclusione delle liste nel nostro caso), si sia tenuto nel rispetto delle regole, cioè se tutte le condizioni che hanno portato all'esclusione si siano manifestate nel rispetto delle leggi che trattano questi casi. Gli organi di giudizio amministrativo sono il T.A.R. (Tribunale Amministrativo Regionale) e il Consiglio di Stato. Il primo già si è pronunciato ed il suo parere è stato nuovamente negativo. Toccherà al Consiglio di Stato. Ma non è finita.
Con il decreto interpretativo il limite alla presentazione delle liste è stato slittato e la lista del Pdl è stata ripresentata. Ecco perchè il decreto è interpretativo: perchè si adegua al caso specifico, lo interpreta e dà una soluzione. Inoltre prevede che per presentazione si può intendere anche la presenza nelle vicinanze dell'ufficio preposto a ricevere la documentazione e non la sua effettiva consegna. Come è avvenuto nel caso della prima scadenza. Interpretativissimo. In questo caso però la lista è stata rifiutata dal Tribunale d'Appello dove è stata presentata l'8 marzo scorso, si pensa per divergenze con la legge regionale in materia di elezioni. E' stato presentato un ricorso ai giudici anche contro questo respingimento.
Ci sono dunque due binari aperti per la riammissione del Pdl. Uno è quello seguito dall'inizo e uno è quello costruito ad hoc con il decreto.
Gli altri casi di non ammissione - del listino per la candidatura di Formigoni in Lombardia e di quello della Polverini sempre nel Lazio - si sono risolti con la riammissione decisa dalla giustizia amministrativa, poichè si trattava solo di inceppi burocratici (timbri, deleghe) opportunamente sanabili.

Finora la giustizia ha fatto solo il suo lavoro di far rispettare le regole, ma il problema che è sorto invece è di natura politica: se è possibile che un grande partito non si possa presentare ad una consultazione regionale, seppur si tratti di una sola regione e seppur si tratti solo della provincia di Roma. E quindi in nome della politica, bisogna che la burocrazia faccia un passo indietro. Ma il mio quesito è: e se non fosse proprio la politica a causa di questo enorme pasticcio? Si tratta sicuramente di questo, e riguarda il solito sistema affaristico-clientelare che caratterizza il sistema Italia. Una disattenzione così clamorosa, una leggerezza così grave non possono che essere il frutto di fratture interne dovute sempre e solo al perseguimento di interessi personali. La storia losca di Alfredo Milioni, il responsabile della presentazione dei faldoni con tutte le firme e i nomi dei candidati della lista all'ufficio elettorale, storia che consiste nel sostenere che il tizio si era allontanato per andare a mangiare un panino e non ha più fatto in tempo per l'accoglimento della docmentazione, è l'esempio di quanto ancora si usi la democrazia e lo strumento delle elezioni per piazzare nomine ed elargire favori. Non a caso è sospettato di aver modificato le liste prima della loro presentazione, e potrebbe essere proprio questo il motivo del ritardo.

Ho cercato di ricostruire questa eterna vicenda mai spiegata e sempre ed opportunamente distorta dai comunicati dei politici. Credo che informarsi sui fatti sia doveroso al fine di formare una opinione valida e fondata e che sia doveroso anche informare esattamente, cosa che ahinoi, non viene fatta.

venerdì 26 febbraio 2010

Scricchiolii

Alla fine sembra che il sistema non sia più in grado di reggere se stesso. E' come la bolla immobiliare che ha scatenato la crisi economico-finanziaria: alla fine scoppia e rivela tutti i loschi meccanismi di cui si è nutrita. Prima lo scandalo della protezione civile e degli appalti ai grandi eventi, poi il caso Fastweb e la compravendita di voti del senatore Di Girolamo. Ciò che da sempre si sapeva, alla fine è venuto fuori: gli appalti affidati a parenti ed amici, le spese gonfiate, i voti comprati dai mafiosi: è questo che caratterizza il Sistema-Italia. Ne siamo stati travolti con la fine della prima Repubblica e lo scandalo di Tangentopoli, ed ora a nemmeno due decenni dall'inchiesta di Mani Pulite ci si ritrova di nuovo a parlare di politici che rubano. Ma è poi così strano che tutto ciò accada ancora? Direi proprio di no.

Le seconde linee (imprenditori e mafiosi) che costituivano la base dell'iceberg degli sporchi affari della politica fino ai primi anni '90, vedendo i loro referenti politici spazzati via dal ciclone delle inchieste del '92 sono stati costretti a esporsi in primi linea e a rigenerare il sistema che permettava ai loro affati di andare avanti. Lo stesso disastro provocato da tangentopoli ha creato le condizioni perchè si verifichi una tangepoli bis. Come la prima Guerra Mondiale che ha lasciato nel primo dopoguerra una situazione fortemente destabilizzata che creerà le basi per lo scoppio del secondo e più devastante conflitto.

Chissà se alla fine il sistema politico effetivamente imploderà, fatto sta che gli scricchiolii sono sempre più forti e se ne stanno accorgendo anche quelli che sono seduti sulle poltrone che cigolano. Ne sono prova le diverse misure che si vogliono attuare per frenare l'andazzo. Le misure che si dovrebbero attuare. Come il decreto anticorruzione, che non è altro che una illusione messa lì per ingannare che il problema sarà ben presto risolto. E questo ci porta ad analizzare una differenza fondamentale tra la prima Repubblica e la seconda. Tra quello che avvenne durante tangentoli e ciò che sta succedendo ora.

Infatti nello scandalo del '92 a farne le spese sono stati in primis i politici che immediatamente vista la bufera che li ha travolti sono stati costretti chi a lasciare, chi a nascondersi, chi a fuggire all'estero. Il che non è del tutto negativo perchè significa che erano ancora capaci di provare vergogna. Molti imprenditori che facevano parte dell'immenso giro di affari invece non hanno ancora pagato. La situazione attuale invece ora è opposta: gli imprenditori sono subito presi con le mani nel sacco, mentre i politici che li hanno favoriti sono inaccessibili, operano nell'ombra e anzi operano in quel fortino che è il Parlamento. Ma perchè questo ribaltamento?
Certo come ha detto Casini prima
«si rubava per il partito invece ora si ruba per arricchirsi» il che rendeva, all'epoca delle prime inchieste, molto più facile attaccare e prendersela con la casta politica. Ma ciò non basta a descrivere la situazione.

I nuovi politici della seconda Repubblica sono molto più scaltri e arguti e hanno pensato bene di dotarsi di una potente arma per non essere nuovamente travolti da uno scandalo simil-tangentopoli. E questa arma è il controllo dell'informazione, oltre ad una strategia di governo propagandistica. In fondo, il giudizio su di un politico è rimesso al popolo, e questo non è nè un magistrato che indaga, nè un giornalista che si informa sui fatti, e propaganda e censura sono ottime misure per prevenire nuovi scandali. Finora il Sistema ha retto, ma ora si sentono solo scricchiolii.

sabato 13 febbraio 2010

La chiamavano Giustizia

Conosciuta fin dai tempi antichi la giustizia ha percorso un cammino che l'ha portata ad affermarsi sempre di più come un principio fondamentale del vivere sociale. Considerata dagli antichi Greci come armonia del cosmo e uguaglianza di condizioni, con i Romani assume i caratteri di una prerogativa innata, naturalistica, che viene tradotta nello jus, il diritto. Nel 600 la giustizia viene fatta derivare dal senso e dalla ragione, e andrà a porre le basi per la Rivoluzione francese, quella che annienterà i regimi assolutistici, e costituirà lo Stato di Diritto nel quale nessuno è al di sopra della legge, e tutti debbono rispettarla.

Questo cammino evolutivo della giustizia, sembra ora arrestarsi in Italia, dove, in una semplice democrazia parlamentare, essa viene continuamente mortificata da leggi ad uso e consumo personale. Un tempo la legge serviva per imporre una giustizia che fosse a vantaggio di tutti, ora la legge viene utilizzata per deporre una giustizia che possa svantaggiare pochi. Questo avviene perchè il potere politico è considerato superiore e sovraordinato alla giustizia. Da essere mezzo per l'imposizione della giustizia, la politica diventa fine raggiungibile con l'utilizzo di essa. Si verifica duqnue un'assurda inversione di ruoli, frutto di una spregiudicatezza e spudoratezza politica, che insulta i principi primi del vivre ensemble, del bene comune.
Il peggio è che gli attacchi alla giustizia vengono compiuti non solo in piena consapevolezza, ma vengono anche inseriti all'interno di un progetto quasi organico di smantellamento dello Stato di Diritto, e di sbilanciamento dell'equilibrio tra poteri, di quel meccanismo di pesi e contrappesi che contraddistingue tutte le costituzioni occidentali e nondimeno la nostra.

Non è concepibile un parlamento bloccato a discutere di lodi, processi brevi, o legittimi impedimenti: leggi che servono solo al Presidente del Consiglio. Non è concepibile soprattutto una maggioranza costituita da servi che ricevono e d eseguono gli ordini del padrone. Sembra quasi una corte dove i cortigiani fanno di tutto per rientrare nelle grazie del loro signore. Ma non è solo questo. La politica italiana è anche un immenso giro di affari e di favori che vengono esauditi e ricambiati. La nostra è una Repubblica clientelare, è ciò è confermato dal caso ultimamente scoppiato sulla gestione degli appalti per il G8 della Maddalena.

La corruzione che penetra in tutti i livelli della politica, nei tessuti più interni e anche in quelli meno immagibili (come la Protezione civile), ci dimostra come la politica sia una questione che non ci deve riguardare. E ora l'ultima mossa voluta da questo governo è proprio quella di privatizzare la Protezione civile, per far sì che gli affari da essa gestiti possano essere condotti con maggiore tranquillità e senza troppi riflettori puntati addosso. Al riparo da scomodi osservatori che controllano in nome sempre di questa benedetta e insopportabile giustizia.

martedì 26 gennaio 2010

Se perdiamo la memoria

Immaginate che un giorno prendiate un colpo in testa (non è un augurio, per carità) e che per questo perdiate totalmente la memoria. Non sareste in grado di ricordare nulla: chi siete, cosa fate, chi sono le persone che vi circondano. Vita passata e presente cancellata. Dovrete ricominciare daccapo. Un gran bel problema.
La memoria delle cose passate è importante per costruire le cose future, per non ripetere gli errori già fatti, e per realizzare nuovi successi. Perdere la memoria significherebbe, dunque, reiniziare un processo cognitivo e applicativo che avevamo già avviato, e che ci stava conducendo verso nuovi e migliori percorsi. Ecco l'importanza della memoria. Non è solo una fotografia sbiadita del passato, ma rappresenta un faro per il futuro.

La memoria di per sé è un'arma che scaccia via i fantasmi del passato. Ma disinnescata può rappresentare un'arma ben più pericolosa, perchè a vantaggio di pochi e a svantaggio di tutti. Quale futuro potrà mai avverarsi se non fondato sui libri di storia? Un futuro senza memoria storica è come un palazzo senza fondamenta: crolla alla prima scossa. Ed è di nuovo da ricostruire.
Sembra che la società italiana attuale sia stata colpita da un'amnesia collettiva, e che ora si ragioni con argomenti del tutto scollegati dal passato, già giudicati e condannati dal processo storico. E non serve che sia passato tanto tempo per dimenticarsi di pagine anche buie della storia italiana. Come tangentopoli. Infatti negli ultimi giorni si sta tentando di riabilitare la figura di Bettino Craxi. Ma questo perchè? Perchè giustificare le malefatte di un importante politico del passato, significa giustificare tutte le malefatte dei politici attuali. Per questo è necessario dimenticare. Cancellare la memoria storica. E ciò può essere fatto solo con un uso pilotato dell'informazione. E' sempre lei. Ecco perchè negli ultimi giorni in televisione si è parlato poco dello scandalo tangetopoli e dell'inchiesta mani pulite quando si è ricordato il decennale della morte dell'ex Presidente del Consiglio. Si è parlato più della sua figura di "statista", lasciando un dubbio, un alone di mistero, intorno alle sue vicende giudiziare, e sul perchè è scappato dall'Italia. Così si salta una generazione, quella dei più giovani, i neoventenni, che non avendo vissuto queste vicende ignobili della Repubblica Italiana, non verranno mai a sapere come sono andati i fatti e chi era in realtà Craxi. E anche i più anziani, complice il trascorrere del tempo e le belle parole che la classe politica attuale spende per l'ex leader socialista, non avrà più tutte quelle remore nel considerare Craxi, in fin dei conti, un grande politico.

Ma non è tutto: l'operazione estingui-memoria non si limita solo a questo. Per questo la perdita della memoria è divenuta una emergenza. Sto parlando di un'altra memoria, una con la M maiuscola, ed è la Memoria che si celebra proprio oggi, nel Giorno della Memoria. Sappiamo tutti qual è la Memoria che non vogliamo e non dobbiamo assolutamente eliminare, ma nonostante ciò a questa Memoria vengono inflitti dei colpi terribili. La beatificazione di Pio XII (già ne ho parlato in precedenza) è un attacco gravissimo alla Memoria. E sembra che possa dare i suoi risultati visto che nessuno (oltre alla comunità ebraica che non può dimenticare) ha osato alzare la voce contro questo vergognoso atto. A cosa potrebbe servire una beatificazione del genere? Quali meriti si possono ascrivere a questo papa? La beatificazione rientra semplicemente nell'operazione di estinzione della Memoria, non solo dell'olocausto, ma della memoria generale; così se siamo riusciti a dimenticare una pagina storica del genere, saremmo capaci di dimentarci qualsiasi cosa.

Infine, sembra che siamo già riusciti a dimenticare un altro episodio storico che ci riguarda direttamente: quello delle emigrazioni di massa del popolo italiano che ha avuto inizio nel secolo XIX e si è protratto fino alla metà del secolo successivo. Il più grande esodo migratorio della storia moderna. Ce l'abbiamo solo noi. Un giorno i padri di chi oggi vuole cacciare l'immigrato sono andati a cercare fortuna all'estero, l'hanno trovata e hanno potuto mettere su famiglia e continuare la dinastia che ha dato luce all'attuale xenofobo. Uccidere la memoria, significa allora, uccidere noi stessi.

venerdì 15 gennaio 2010

I proletari del 2010


In merito agli episodi di Rosarno, forse a non tutti è chiara la vera entità del problema. Accendendo la tv, sfogliando i giornali e persino leggendo le notizie su internet, si parla principalmente degli aspetti razzisti della vicenda. E via con le solite e scontate condanne, con le solite banalità che da sempre contornano la questione del razzismo. Di razzismo si è trattato, è evidente, ma questo è il caso in cui un episodio grave aiuta a scoprirne uno ancora più grave. Anzi più che scoprire, a concentrare l'attenzione. Si tratta del dramma dello sfruttamento di migliaia di lavoratori immigrati che, giunti nel nostro Paese per sfuggire alla povertà, si ritrovano costretti a prestare la loro manodopera per miseri compensi, ed in condizioni ai limiti dell'accettabile. Senza alcuna tutela, senza alcuna garanzia. Sembra di ritrovarsi ai tempi del capitalismo selvaggio, quando l'uomo era considerato solo un fattore della produzione, e non importa di che colore sei o che lingua parli: l'importante è che produci. Ed è questa la linea seguita da chi offre lavoro agli immigrati, non solo nella piana di Rosarno, ma in tutto il Meridione nonchè nel Nord Italia.

Non dobbiamo dunque preoccuparci troppo del razzismo. Il razzismo è solo frutto di imbecillità, mentre lo sfruttamento è frutto di crudeltà. Quest'ultimo rappresenta uno stadio superiore e più pericoloso della sola xenofobia. Rappresenta consapevolezza della diversità e approfittarsi di essa. E' una realtà molto sviluppata che purtroppo non viene denunciata perchè ormai fa parte di un sistema. E' la norma. E ora, che in seguito ad episodi di violenza nei confronti dei numerosi immigrati, la difficile realtà è stata portata sotto la luce dei riflettori, si cerca ancora di ignorare, di fare gli indifferenti di fronte al sistema, e ci si infuria invece con il problema del razzismo, che l'Italia invece non ha ancora conosciuto sul serio, visto il numero relativamente basso di stranieri e immigrati rispetto agli altri Paesi europei. L'Italia a mio avviso, non è, o non è ancora, un Paese razzista.

Gli immigrati dunque sono i proletari del 2010. Lo sono perchè non hanno scelta. Preferiscono essere le vittime di un certo sistema di ingiustizia sociale, piuttosto che patire la fame e la miseria nel loro Paese d'origine, magari dilaniato da qualche guerra o controllato da un regime dispotico del dittatore di turno. Ma forse le vittime non sono solo loro. Perchè se i proletari piangono, di certo i capitalisti del 2010 non ridono. Anche loro non hanno scelta. Anche i proprietari dei campi di arance e mandarini che offrono lavoro agli immigrati sono a loro volta vittime di un sistema ancora più grande, e ancora più pericoloso. Costituito sempre dal libero mercato e dall'inerzia dell'operatore pubblico nell'attuare politiche dei prezzi a difesa dei produttori, che si impoveriscono nei confronti dei commercianti che rivendono i loro prodotti. E' la stessa storia del prezzo del grano e del prezzo della pasta. Il primo che scende e il secondo che sale. Situazioni difficili le stanno affrontando anche i produttori di latte, ma anche di olio e vino. Sembra l'inizio di una crisi agricola di cui ancora nessuno vuole parlare, eppure i segnali sono forti.
I problemi, dunque, della società italiana, sono altri e molto più gravi: e non mi venite a parlare di razzismo.