domenica 6 febbraio 2011

Il nemico magistrato

In Italia abbiamo molto spesso la simpatica caratteristica di prendercela con qualcun'altro quando non ci vanno bene le cose, di scaricare tutte le colpe a condizioni esterne che non abbiamo avuto il potere di fermare, di prendercela con la sorte avversa, con persone e situazioni che maledettamente si oppongono a noi.
Un popolo di perseguitati: perseguitati dai vigili che hanno fatto la multa proprio a noi, perseguitati dal traffico che troviamo sempre quando siamo di fretta, perseguitati dal cattivo tempo proprio quando non abbiamo preso l'ombrello, perseguitati dalle bollette da pagare e dalle tesse che sono sempre troppe.

A questa lista di 'sventure' negli ultimi anni si è aggiunta una ulteriore forza ancestrale che impedisce la piena soddisfazione dell'essere umano e della felicità terrena. E questa è rappresentata nella figura del magistrato. Il magistrato che ormai non agisce più in nome e per conto della legge, in attuazione del principio di giustizia, ma ormai opera secondo moventi politici, o più che altro secondo logiche di casta che portano ad un abuso della sua carica e del suo potere.
Seguendo quest'ottica, la magistratura è uscita fuori dai ranghi, è incontenibile, e detiene un potere troppo ampio, troppo forte, troppo pericoloso.

Che la magistratura agisca politicamente può in un certo senso essere una definizione ammissibile se non esatta. E questo perchè se consideriamo la politica come l'arte di governare la società, l'amministrare per il bene di tutti, il mantenimento dell'ordine e dell'equità, ecco che la magistratura svolge un ruolo più che politico. Svolge a pieno quel ruolo di potere dello Stato di derivazione montesquieuiana essenziale per garantire l'equilibrio in una democrazia. Ma si badi bene: il potere giudiziario è politico, ma non utilizza i 'mezzi politici' tipici soprattutto degli altri due poteri. E cioè non basa la sua legittimazione sul consenso, e non fa propaganda sulle sue azioni. Sotto questo aspetto la magistratura non è affatto un organo di carattere politico. Ciò le permette di mantenersi indipendente, di agire veramente in nome della legge, di non dover dare conto, ad esempio, a reazioni elettorali successive all'esecuzione del proprio operato. E' senz'altro un grande traguardo quello di non avere un potere giudiziario sottomesso agli umori altalenantanti del popolo, soggetto alle emozioni delle folle, ma sottoposto solo alla legge che risponde a sua volta alla volontà di giustizia.

La 'politicizzazione' della magistratura è invece un progetto che intende attuare questo governo, sottoponendo cioè il potere giudiziario al potere esecutivo e sbilanciando di conseguenza l'equilibrio tra i poteri. Questo disegno è infatti contenuto nella riforma della giustizia come l'ha pensata Alfano, e come la vuole tutto il governo, e che prevede, tra le altre cose, un CSM (organo di autogoverno della magistratura) a guida politica, la polizia non più nelle disposizioni dei magistrati, e una separazione delle carriere che rende potere dello stato solo il giudice, mentre il magistrato diviene solo un semplice ufficio. Questo decreta in poche parole la fine dell'indipendenza della magistratura. Di questo progetto di riforma non se ne è parlato in televisione, o perlomeno non se ne è parlato a dovere, ma anzi, ci si è preoccupati di dare ampio risalto ai proclami di una magistratura 'sovversiva'.

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